Contro l’Hpv serve gioco di squadra

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In Italia, circa il 70% delle ragazze è stato vaccinato a 12 anni per il papillomavirus umano (Hpv), responsabile della totalità dei tumori al collo dell’utero nelle donne, del 90% di quelli dell’ano, del 70% di quelli del pene, di circa il 50% di quelli di vagina e vulva e del 30-40% di quelli oro-faringei.

Se la copertura vaccinale è abbastanza soddisfacente a livello nazionale, ci sono però grandi differenze tra regione e regione: in Toscana e in Umbria si supera l’80%, mentre in Campania e Sicilia (ma anche nella provincia di Bolzano) non si raggiunge il 60%.

A cosa sono dovute queste forti disparità? La reticenza di alcuni genitori può dipendere dal fatto che il vaccino sia stato associato all’ingresso nella vita sessuale delle figlie? E cosa può fare il ministero della Salute per colmare questo divario?

Lo abbiamo chiesto a Beatrice Lorenzin in occasione della settimana di informazione sul vaccino contro l’Hpv promossa da Repubblica Salute insieme all’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e con la collaborazione di D. La Repubblica delle donne. “Il problema del calo delle vaccinazioni è generale – risponde Lorenzin – ma è chiaro che disparità così grandi dipendono da differenti politiche regionali. Come Ministero della Salute abbiamo redatto il nuovo piano vaccinale che aumenta il numero di vaccinazioni gratuite e che è inserito nei Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr.). Il vaccino contro l’Hpv sarà esteso ai ragazzi e il piano prevede anche fondi per la comunicazione. Tra i primi ad essere coinvolti ci saranno i pediatri, che giocano un ruolo importantissimo perché possono spiegare ai genitori quanto sia importante vaccinare i propri figli contro l’unica forma di cancro che può essere completamente sconfitta con un vaccino”.

Fonte: La Repubblica

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