Stime dell’Unicef sulle mutilazioni genitali femminili entro il 2050. E’ ora di cambiar rotta

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A cura di Alessandra Caciolli, Laureata in Comunicazione Scientifica Biomedica

La mutilazione dei genitali femminili è una pratica connessa a riti d’iniziazione e d’integrazione sociale, attraverso cui si effettua l’asportazione totale o parziale dei genitali femminili. Le mutilazioni genitali femminili costituiscono un atto estremamente traumatico e hanno gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono. E’ stata praticata per secoli soprattutto in Africa, Asia e Medio Oriente, ma viene oggi in alcuni casi svolta anche in Europa e nel Nord America a causa dei diffusi fenomeni di migrazione che si sono verificati nel corso degli anni in questi Paesi.

Secondo l’ultimo report del 2015 dell’Unicef sulle mutilazioni genitali, la possibilità che una ragazza subisca oggi una mutilazione genitale è circa un terzo inferiore a quella che era intorno a tre decenni fa. Il calo è particolarmente evidente in alcuni paesi tra cui Benin, Camerun, Ghana, Togo, Kenya, Repubblica Unita di Tanzania, Repubblica Centrafricana, Iraq, Liberia e Nigeria. In Ghana, per esempio, la diffusione delle mutilazioni genitali nelle ragazze dai 15 ai 19 anni è ormai pari al 2%, un quarto di quello che era trent’ anni fa. Al ritmo attuale di progresso si stima quindi che la pratica in quel paese sarà praticamente eliminata prima del 2030. In altri paesi invece, come il Gibuti, Egitto, Guinea, Ciad, Gambia, Guinea-Bissau e Somalia, questa pratica continua a interessare oltre il 90 per cento della popolazione femminile. Nonostante infatti i progressi globali, si stima che se l’azione contro le mutilazioni genitali non viene accelerata, entro il prossimo decennio circa 30 milioni di nuove ragazze potrebbero subire questa dolorosa pratica.

Da recenti ricerche si evince che entro il 2050 una nascita su tre in tutto il mondo si prevede in uno dei 29 paesi in Africa e nel Medio Oriente, dove le mutilazioni genitali sono una pratica particolarmente diffusa e dove, secondo le stime, vivranno quasi 500 milioni di ragazze e donne. Se non si verifica quindi in questi anni una forte riduzione nella pratica, si stima che il numero di ragazze che subirà una mutilazione genitale crescerà da 133 milioni di oggi a 325 milioni nel 2050. Tuttavia, se venissero sostenuti i progressi compiuti finora, il numero crescerà da 133 a 196 milioni nel 2050 e quasi 130 milioni di ragazze verranno quindi risparmiate da questo grave attentato ai loro diritti umani.

Dal report dell’Unicef si evince inoltre che due terzi delle donne e quasi due terzi degli uomini che vivono nei 29 paesi di Africa e Medio Oriente ritengono che le mutilazioni genitali nelle ragazze dovrebbero smettere di essere praticate. Bisogna ricordare infatti che le mutilazioni genitali femminili possono infatti avere delle conseguenze fisiche, psicologiche e sessuali su chi le subisce gravissime. Le procedure di mutilazione, spesso eseguite senza anestesia e in scarsissime condizioni igieniche, possono causare a livello fisico dolore acuto, emorragie, shock, infezioni, tra cui l’infezione da HIV, difficoltà a urinare, lesioni dei tessuti, tetano, setticemie e, in alcuni casi, anche la morte. Conseguenze a lungo termine comprendono il dolore cronico, infezioni pelviche, cisti, ascessi e ulcere genitali, infezioni del sistema riproduttivo, problemi durante la gravidanza e il parto, alterazioni della coscienza quando si avvicina il primo rapporto sessuale. Al giorno d’oggi sono tantissime le bambine e le donne che hanno subito qualche forma di mutilazione genitale. L’impatto sulle loro esistenze è devastante.

Deve avvenire quindi un cambiamento e questo cambiamento può avvenire solo se gli operatori sanitari, i leader comunitari, gli esperti e soprattutto le ragazze e le loro famiglie fanno sentire la loro voce e prendono l’iniziativa.

Fonte: Report UNICEF 2015

 

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