Un modello teorico per predire i disordini alimentari: fantasia o possibilità?

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A cura di Anna Maria Colacchi, Laureata in Comunicazione Scientifica Biomedica

disordini alimentari sono uno dei problemi più importanti nelle attuali società del benessere, legati all’individuo ed al suo rapporto con il cibo, che riflette la relazione che ha con la società che lo circonda. Quello che numerosi ricercatori si chiedono è se possano esistere dei modelli teorici che riescano in qualche modo a prevedere la comparsa o meno di un disturbo alimentare in determinati soggetti e se davvero esista una relazione tra l’umore ed i comportamenti alimentari.

E’ proprio a questa domanda che un gruppo di ricercatori della Pennsylvania State University ha cercato di rispondere.
Le partecipanti, 127 donne con un’età media di vent’anni, un indice di massa corporea nella norma con segni subclinici di disordini alimentari (binge eating disorder e bulimia nervosa), sono state invitate a riempire per una settimana sul proprio palmare un rapporto EMA giornaliero: le valutazioni dovevano comprendere episodi negativi legati al mangiare (la perdita del controllo, limitazioni sul cibo, ecc..) ed episodi non legati al mangiare in senso stretto (controllare il proprio peso forma, ecc..).

Quale metodo di ricerca è stato utilizzato EMA (Ecological Momentary Assessment), che permette al partecipante dello studio di annotare i propri sintomi e le proprie emozioni in relazione a specifici comportamenti alimentari; EMA è una metodica ben diversa dagli strumenti usati in precedenza, che si basavano su questionari molto tecnici che lasciavano poco spazio all’espressione singola del paziente. EMA fornisce dati più generalizzabili a contesti del mondo reale e consente la valutazione di processi dinamici.

Come ipotesi di partenza si è pensato che il binge eating fosse innescato da un aumento di emozioni negative e che lo stesso servisse a ridurre il peso di queste emozioni negative.

Ne è risultato che in realtà descrizioni molto negative non precedono sempre un comportamento alimentare sbagliato. Tuttavia, erano più elevate quando le donne riferivano di mangiare grandi quantità di cibo o di perdere il controllo sul mangiare (si manifestava quindi il disturbo). Inoltre il comportamento sbagliato molto spesso è servito alle donne per scaricare il senso di colpa che derivava dalle loro azioni.

Questi risultati, nonostante non abbiano con certezza delineato un modello teorico che possa prevedere lo sviluppo di un disordine alimentare, chiariscono il processo che può influenzare lo sviluppo ed il mantenimento di azioni per il controllo del peso. E’ importante che le ricerche nel campo dei disturbi alimentari e della loro possibile prevenzione siano portate avanti, anche se non bisogna mai dimenticare di avere a che fare con persone e quindi con una quantità di fattori talmente vari e diversi che una categorizzazione delle malattie sembra essere un traguardo non semplice da raggiungere.

Fonte: International Journal of Eating Disorders

 

 

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