Vitamina D: diagnosi e prevenzione

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Negli ultimi anni abbiamo assistito a un forte incremento dell’integrazione di vitamina D. Esiste la sensazione, se non la certezza, che la carenza di vitamina D sia un fenomeno (forse indotto) molto diffuso tra la popolazione e tra le potenziali cause di tali incrementi. Ma a questo boom possono aver contribuito anche i risultati di vari studi osservazionali che correlavano bassi livelli di colecalciferolo (vitamina del gruppo D, chiamata anche Vitamina D3) a varie malattie, anche gravi, quali quelle cardiovascolari od oncologiche.

Il ricorso alla vitamina D a scopo preventivo è avvenuto in vari contesti senza che, ad oggi, sia stato dimostrato che tali integrazioni siano in grado di contrastare le patologie che si intendeva prevenire.

Il 28 Marzo 2019, presso l’Auditorium dell’Agenzia Culturale di Vastro si è tenuto il convegno “Vitamina D, Osteoporosi e Celiachia”, il Dott. Pozone ha esposto i meccanismi della Vitamina D, la correlazione con l’osteoporosi, i vari metodi di assunzione, i benefici e danni provocati dall’uso inappropriato. Il Dott. Del Forno ha illustrato il legame tra Osteoporosi e Celiachia, quest’ultima è un’intolleranza alimentare al glutine in forte espansione. Nella celiachia il non corretto assorbimento intestinale di calcio e vitamina D si ripercuote sulla mineralizzazione delle ossa.

La carenza e l’insufficienza di vitamina D sono un problema di salute globale che affligge più di un miliardo di bambini e adulti in tutto il mondo.

Le conseguenze della carenza di vitamina D non possono essere sottovalutate. La carenza di vitamina D è stata associata a una miriade di malattie acute e croniche tra cui pre-eclampsia (ipertensione in gravidanza), carie dentaria infantile, periodontite, disordini autoimmuni, malattie infettive, malattie cardiovascolari, tumori letali, diabete di tipo 2 e disturbi neurologici.

La vitamina D non serve solo a fissare il calcio nelle ossa, una funzione che pure è fondamentale per prevenire il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani. Nella sua forma attivata, essa agisce in realtà come un ormone che regola vari organi e sistemi e ha un’azione modulante nei confronti dell’infiammazione e del sistema immunitario. Una sua carenza è stata associata a diversi tipi di malattie, dal diabete all’infarto, dall’Alzheimer all’asma o alla sclerosi multipla.

Studi di laboratorio hanno dimostrato che la Vitamina D svolge attività potenzialmente in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo del cancro: frena la crescita delle cellule, ne favorisce la differenziazione e la morte programmata (apoptosi), riduce la formazione di nuovi vasi (angiogenesi).

Il grande studio europeo EPIC (1993-2008) alla cui realizzazione hanno partecipato diversi ricercatori sostenuti da AIRC – ha mostrato che le persone con i più alti livelli di questa vitamina nel sangue hanno un rischio di cancro al colon inferiore di circa il 40 per cento rispetto a chi invece ne è carente. Un legame simile sembra esistere anche per altri tipi di tumori. Secondo i risultati di altre ricerche, come la Women’s Health Initiative (2012-2014) statunitense, però, l’assunzione di supplementi a base di vitamina D non sembra conferire alcun effetto protettivo. Si può quindi ipotizzare che alti livelli di questa vitamina nel sangue non siano direttamente responsabili del minor rischio, ma semplicemente rispecchino abitudini più sane a cui va attribuito il merito di proteggere l’individuo dal cancro. Altri studi sono in corso per cercare di chiarire questi fenomeni.

Parte della vitamina D proviene dall’alimentazione. I cibi in cui se ne trova di più sono i pesci grassi (come salmone, sgombro e aringa), il tuorlo d’uovo e il fegato. Tutto il resto si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB. Una volta prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue. Qui una proteina specifica la trasporta fino al fegato e al rene, dove viene attivata.

La fondazione Veronesi, sostiene (2012) che il 70 % degli italiani è sotto i livelli minimi di Vitamina D, ed è quindi a rischio di Osteoporosi.

Esporsi al sole, con le dovute cautele, è un modo per garantire un certo quantitativo di vitamina D necessario per mantenere in salute le ossa e tutto l’organismo per l’inverno.

I valori che determinano la vitamina D nel sangue (25-idrossivitamina D, 1,25-diidrossivitamina D (o calcitriolo)) sono i seguenti:

  • carenza: <10 ng/mL
  • insufficienza: 10 – 30 ng/mL
  • sufficienza: 30 – 100 ng/mL
  • tossicità: >100 ng/mL

La carenza di vitamina D è particolarmente frequente, pari al 76 % delle donne sopra i 70 anni presenta un grave deficit.

Quando vi è una dimostrata carenza La vitamina D3 è disponibile in forme iniettabili o orali. In alcune preparazioni orali la vitamina D3 è in associazione col calcio, in altre è associata all’alendronato (molecola appartenente alla classe dei bifosfonati che viene utilizzata per rafforzare le ossa). L’appropriatezza di quest’ultima associazione è discutibile essendo opposte le condizioni ottimali di assorbimento: a digiuno per l’alendronato, durante i pasti per la vitamina D.

La vitamina D2, disponibile in fiale per uso orale o per via intramuscolare, ha effetti non dissimili dalla vitamina D3, ma vi sono meno studi disponibili e non vi è accordo sulla affidabilità delle metodiche per il suo dosaggio.
La somministrazione di Vitamina D3 trova piena giustificazione nei pazienti con difetto epatico di idrossilazione, ma studi di farmacocinetica ne mostrano una migliore biodisponibilità e rapidità d’azione rispetto alla vitamina D3 anche in casi di malassorbimento.

Il calcitriolo, il metabolita sintetico attivo della vitamina D., ha un effetto rapido ma, essendo diretto e non regolato, può esporre a eventi avversi (ipercalcemia, urolitiasi) con maggiore frequenza rispetto alla vitamina D3. È indicato in caso di insufficienza renale grave (IV-V stadio) o nell’ipoparatiroidismo.

Esiste l’erroneo convincimento che la supplementazione di vitamina D sia sempre sicura, per qualsiasi valore ematico raggiunto, e se un paziente presenta un livello considerato accettabile, uno più alto potrebbe essere considerato ancora migliore. Le preoccupazioni per eccesso di vitamina D sono di poco conto per dosi tra 400 e 1000 UI al giorno, mentre esistono per supplementazioni nel range di 10.000-50.000 UI al giorno, che possono essere eccessive.

Per osservare la classica tossicità da ipercalcemia marcata e danni renale ed epatico, la supplementazione di vitamina D deve essere particolarmente ingente, in grado di determinare valori sierici di 25(OH)D particolarmente elevati (probabilmente intorno a 200-400 ng/ml).

Tuttavia, dati emergenti suggeriscono che eventi avversi potrebbero insorgere a livelli ematici molto più bassi, nel range di 50-75 ng/mL di 25(OH)D. Tra tali inquietanti eventi avversi sembrano sussistere aumenti di mortalità per tutte le cause, di tassi di malattie cardiache e di alcune neoplasie.

Per prevenire carenze o eccessi di somministrazione di Vitamina D bisogna, quindi, effettuare degli screening periodici ed eseguire una corretta alimentazione così da intervenire in tempo sulla nostra salute.

di Alessandra Guglielmino

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