Abbiamo bisogno di mangiare carne e pesce. Lo dice il Dna

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Il Dna impone le sue regole a tavola. E, in particolare, ci invita a non rinunciare a carne o pesce. Una popolazione che discende da antenati onnivori presenta infatti una maggiore probabilità di essere portatrice di geni che richiedono un consumo di carne per restare in salute. Un drastico abbandono degli alimenti di origine animale potrebbe essere rischioso. È quanto ha dichiarato Tom Brenna, professore di Nutrizione umana e di Chimica della Cornell University di New York, nel corso del simposio internazionale “Il ruolo della carne nell’alimentazione umana. Novità dalla ricerca” (Roma, 15 novembre). A questa conclusione  Brenna è giunto dopo avere analizzato il database mondiale di informazioni (1000 Genomes Project) contenente i profili genetici di popolazioni con diverse abitudini alimentari, da quelle tradizionalmente vegetariane a quelle più tipicamente onnivore. I risultati pubblicati su Molecular Biology and Evolution (Oxford University Press) hanno evidenziato l’origine genetica nelle nostre scelte alimentari e l’importanza nutrizionale della carne e dei prodotti di origine animale per i soggetti appartenenti a civiltà storicamente abituate a mangiare tutti i tipi di alimenti.

«Coloro che discendono da onnivori – dichiara Brenna – hanno una maggiore probabilità di essere portatori di geni che richiedono un consumo di carne e pesce per stare in salute e per questo la loro dieta richiede l’apporto di questi alimenti. In tutte le loro forme, le fonti proteiche animali offrono un bilancio ottimale di aminoacidi per la crescita e la riparazione, ferro eme altamente biodisponibile, zinco, vitamina B12, altre vitamine del gruppo B e un appropriato apporto di grassi. Si tratta di nutrienti estremamente importanti in particolare durante le prime fasi dello sviluppo umano, per la crescita, lo sviluppo del cervello e la riparazione dei tessuti, oltre che per il mantenimento della funzione metabolica nell’invecchiamento».

Anche la Società italiana di nutrizione pediatrica (Sinupe) ritiene che un’alimentazione, per essere sana, soprattutto nei bambini, debba essere obbligatoriamente equilibrata e variata. «In quest’ottica – sottolinea Andrea Vania, componente del direttivo Sinupe e responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell’Università La Sapienza di Roma – il ruolo delle carni non va né sottovalutato, né al contrario sopravvalutato: l’uomo è da molte decine di migliaia di anni, un animale onnivoro, nella cui dieta, dunque, è opportuno siano rappresentate tutte le classi di alimenti».

La Società di nutrizione pediatrica ritiene quindi che le carni, bianche, rosse, trasformate, mantengano la loro validità nell’alimentazione in tutto l’arco dell’età pediatrica. «L’accortezza che è necessario mantenere – avverte Vania – in particolare nel bambino e ancor più quando è piccolo, nei primi mille giorni di vita, starà nell’assicurare la loro varietà, e un loro consumo contenuto e adeguato ai fabbisogni del bambino in crescita, che variano come è ovvio col variare dell’età e delle fasi di sviluppo attraversate».

Fonte:healthdesk

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