Pillola dei 5 giorni dopo: un passo avanti, non la soluzione

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L’aveva detto fin dal 15 agosto 2010, quando il dibattito sulla ellaOne in Italia infiammava: «Io la pillola dei 5 giorni dopo la darò (se e quando arriverà il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco)». Il motivo? «Sono favorevole al suo uso perché potrà ridurre il numero di (eventuali) aborti». Sette anni dopo i dati del ministero della Salute le danno ragione: la pillola dei cinque giorni dopo è stata liberalizzata e gli aborti sono in diminuzione.

Alessandra Kustermann, 63 anni, prima donna a diventare primario dopo cento anni di storia della clinica Mangiagalli di Milano, è alla guida del Pronto soccorso ostetrico-ginecologico. Punto d’approdo, tra l’altro, delle donne in cerca di un rimedio dopo un rapporto a rischio. «Fino al maggio del 2015, quando ancora era necessario avere la ricetta medica per ottenere la ellaOne, venivano in Pronto soccorso almeno 350 giovani al mese, soprattutto tra i 20 e i 25 anni. Difficile dimenticarsi il loro imbarazzo, lì a doversi giustificare sul perché avevano avuto un rapporto a rischio».

Dal 1978 Kustermann lotta in difesa della legge sull’aborto, anche se in più occasioni si è spesa in battaglie pro life. Sul farmaco a base di Ulipristal acetato (Ua), utilizzabile come contraccettivo d’emergenza fino a 120 ore dopo il rapporto sessuale, è categorica: «Non è un farmaco abortivo, ma un contraccettivo d’emergenza. Prima si assume, meglio è. Ora che le donne possono averlo senza la ricetta evitano di essere rimbalzate da un posto all’altro per ottenerlo. In ospedale non tutti i medici lo prescrivevano, in nome dell’obiezione di coscienza. Mi ricordo lo sfinimento di pazienti arrivate dopo avere cercato per ore in giro per la città».

A distanza di anni — e di molte sfide vinte — la ginecologa resta comunque convinta che la somministrazione della pillola dei 5 giorni dopo non sia la panacea di tutti i mali: «Ma perché i veri metodi contraccettivi, quelli sicuri come la pillola e la spirale, vengono usati poco? Perché ci si affida alla contraccezione d’emergenza e non ci si protegge da gravidanze indesiderate in modo serio per il futuro? Avere reso disponibile la ellaOne è un passo avanti, ma non è la soluzione. È importante, poi, che non venga usata più volte: deve restare un contraccettivo d’emergenza, altrimenti le donne possono avere sbalzi ormonali importanti». Il suo obiettivo è convincere le giovani a utilizzare la pillola: «Non la vogliono perché convinte che faccia ingrassare e faccia venire la cellulite. Ma non è vero nulla».

Sul record di vendite della ellaOne fa notare che i dati vanno contestualizzati: «In Italia ci sono 13 milioni di donne in età fertile. Le 200.507 pillole vendute sono un’infinità, ma vuole dire che sono utilizzate solamente dall’1,5% della popolazione femminile. Certo, emerge forte il segnale che in Italia si fa poca prevenzione». Le giovani non si rivolgono più imbarazzate al Pronto soccorso della Mangiagalli (tranne le minorenni per le quali l’obbligo di ricetta resta), ma il problema rimane: quando impareranno a usare sistemi di contraccezione fuori dall’emergenza del momento?

Fonte: Corriere della Sera

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