INFODEMIA COVID-19: LA PAURA CI FA CREDERE A TUTTO?

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di Alice Bortolami, Laureata in Infermieristica, iscritta al CdS in Comunicazione scientifica Biomedica, Sapienza, Roma

Dall’avvento di Internet all’utilizzo dei social media abbiamo assistito ad una facilità nel reperire informazioni di ogni genere e ad una diffusione e condivisione delle stesse in maniera incontrollata.

Dall’altro canto però, la rapida circolazione di informazioni attraverso questi ormai “vecchi” nuovi mezzi di comunicazione ha fatto si che vi sia anche una larga diffusione delle cosiddette fake news. Si tratta infatti di informazioni non accurate o false delle quali si registra una crescita specialmente quando accade un evento tanto importante da destare particolare curiosità e preoccupazione nella popolazione. Raramente infatti si verificano eventi emergenziali che non si trasformino poi in eventi mediatici in quanto il flusso informativo coinvolge direttamente, o indirettamente, i soggetti colpiti dall’emergenza.

Negli ultimi mesi, un evento che ha stravolto le nostre abitudini è stato il COVID-19. Ha drasticamente modificato le nostre priorità e la nostra percezione della realtà confinandoci a delegare i nostri rapporti sociali alle app di messaggistica e ai social media. Gli utenti però non sono soltanto alla ricerca di un contatto umano attraverso la rete, ma anche di informazioni utili per fronteggiare una crisi che mai ci si sarebbe immaginati di vivere: ecco allora che i social media, così come pure le applicazioni di messaggistica, si dimostrano gli strumenti più semplici e veloci per poter accedere alle notizie riguardanti l’emergenza Covid-19 

C’è però un aspetto che distingue la situazione che viviamo dalle situazioni paragonabili verificatesi negli scorsi decenni: alla pandemia, oggi, si associa anche quella che viene definita un’”infodemia”, ovvero la diffusione di una quantità enorme di informazioni provenienti da fonti diverse e dal fondamento spesso non verificabile. In questo contesto, la circolazione di informazioni false sull’epidemia da Covid-19 è in rapida crescita ed il contagio delle informazioni rende ancor più complesso per i meno esperti nel settore comprendere la veridicità o meno di ciò che si legge. Non è infatti difficile imbattersi in articoli con riferimento a finte cure, a rimedi della nonna miracolosi, o ad altri tipi di informazioni fuorvianti.

Nella lotta alla disinformazione sul Covid-19 è stato pubblicato recentemente un articolo sulla rivista International Sociology[1] il cui scopo era evidenziare la tipologia di tweet che sono circolati su Twitter per due giorni, al fine di analizzare come sono state pubblicate e condivise informazioni vere e false in merito all’epidemia da Covid-19. E’ stato scelto il social network Twitter proprio per la sua natura istantanea delle comunicazioni e per l’ampia diffusione delle informazioni grazie all’utilizzo dei cosiddetti hashtag (#), grazie alla funzione del retweet e grazie alla sua quasi totalità dei profili pubblici degli utenti (questo favorisce l’interazione tra utenti che non erano “collegati” tra loro)

La ricerca è stata svolta cercando l’“#coronavirus” e selezionando successivamente un campione 1000 tweet, pubblicati il 6 e 7 febbraio 2020, che rispondessero ai seguenti criteri: tweet con un link per accedere alle informazioni e tweet con in maggior numero di ricondivisione.  Di questi 1000 tweet il campione finale preso in esame dallo studio è stato di 941 dai quali è emerso che la maggior parte dei tweet conteneva informazioni verosimili a discapito di informazioni validate scientificamente (solo il 9%).

In contrasto però è emerso che sono stati ricondivisi circa 3000 volte di più i tweet che contenevano informazioni validate scientificamente (come indossare nel modo giusto le mascherine, trasmissione e complicanze del virus, misure di prevenzione..), rispetto a quelli con informazioni false.

Pertanto, come affermano gli autori “questo tipo di analisi può aiutare le autorità sanitarie ad essere aggiornate su come gli utenti dei social media condividono le informazioni, ad esempio, sapere che preferiscono condividere i tweet basati sulle notizie validate scientificamente può aiutare e stimolare le autorità sanitarie stesse a pubblicare più tweet dai loro account social ufficiali”.

Nell’ottica di combattere questa miriade di informazioni anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)  è intervenuta, creando un’apposita sezione all’interno del proprio sito web, che viene quotidianamente aggiornata con dati affidabili per sfatare false informazioni. Inoltre, l’Oms ha chiesto la collaborazione dei vari social network, motori di ricerca e App (Facebook, Twitter, Google, Youtube) in modo da filtrare le false informazioni che vengono postate o condivise e promuovere la circolazione di informazioni accurate da fonti attendibili come l’OMS o il Center For Desease Control (CDC). Infine, per salvaguardare gli spazi comunicativi online e fornire un servizio di corretta informazione al pubblico sono state messe in atto operazioni di fact checking, ovvero il monitoraggio delle notizie false o fuorvianti, in modo da fornire ci cittadini gli strumenti necessari per saper riconoscere una notizia vera da una bufala e combattere la misinformazione.

Pertanto, specialmente in un momento storico come questo, la lotta alla disinformazione è trasversale e un’educazione digitale dovrebbe essere parte strutturale di chi si approccia all’uso di queste piattaforme web che ormai esistono da molti anni.  Ancora una volta questo studio ci fa riflettere sull’importanza di un corretto utilizzo e una corretta scelta di ciò che si scrive o condivide sui social e del loro peso. Bisogna affidarsi quindi i mass media e ai social network in maniera responsabile e se possibile segnalare eventuali notizie false diventando così promotori di una sana e corretta informazione.


[1] Pulido, M., Villarejo- Carballido, B., Redondo- Sama, G., Gomez, A.(2020), COVID-19 infodemic: More retweets for science-based information on Coronavirus than for false information,  International Sociology, April 15

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