La disinformazione alcolica e l’ambiguità strategica del “bere responsabile”

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di Simona Ceccarelli, CdS Comunicazione scientifica Biomedica, Sapienza Università di Roma

L’alcol è uno dei principali fattori di rischio per la salute, il suo abuso è tossico per l’organismo e le sue funzioni. Non esiste un consumo di alcol sicuro e raccomandabile, infatti può esporre a forti rischi anche in seguito ad un singolo episodio di consumo, spesso erroneamente valutato come moderato. Il bere resta comunque una libera scelta individuale, e/o familiare, ma è necessario essere consapevoli dei tanti potenziali scenari che potrebbero profilarsi.

Il professor Mark Petticrew, Direttore del Public Health Research Consortium (PHRC), dimostra un grande interesse verso il tema consumo/abuso di alcool, attraverso l’elaborazione di politiche basate sull’evidenza, le revisioni sistematiche e la valutazione degli effetti sulla salute delle politiche sociali. (1). Tra le sue ultime ricerche, un’analisi comparativa delle informazioni sulla salute cardiovascolare pubblicate sui siti web di organizzazioni sanitarie finanziate, e non, dall’industria dell’alcool. Viene evidenziato come i siti web di organizzazioni sanitarie non finanziate dal settore avessero più probabilità di etichettare l’alcol come fattore di rischio per una serie di importanti malattie cardiovascolari (infarto del miocardio, insufficienza cardiaca congestizia, ipertensione e ictus). Al contrario, i siti web di organizzazioni sanitarie finanziate dal settore suggerivano con maggiore probabilità che l’alcol fosse protettivo nello sviluppo di alcune condizioni cardiache, rappresentando quindi in modo errato le prove sugli effetti cardiovascolari del consumo moderato di alcol(2).

L’analisi non è stata ben accolta da “E´duc’alcool”, che si è ritrovata nella “lista nera” di Petticrew. “E´duc’alcool” è un’organizzazione no-profit con sede in Canada, che opera principalmente all’interno del Quebec per incoraggiare il bere moderato e illuminato, e influenzare i contesti di consumo., E’ finanziata, per il 99,9%, da un prelievo sulle bevande alcoliche vendute attraverso la rete della SAQ (Sociètè des alcools du Quèbec)(3). Il direttore generale di E´duc’alcool, Hubert Sacy, ha portato avanti un botta e risposta con il team di ricerca di Petticrew, disapprovando le informazioni raccolte e sindacando sul metodo di ricerca impiegato. Il direttore ha inoltre allegato tabelle contenenti dati utili alla correzione di quelli riportati da Petticrew(3). La risposta, d’altra parte, non ha tardato ad arrivare. Il team di Petticrew ha sottolineato che il contenuto della pagina web dell’organizzazione ha costituito il set di dati per la loro sezione “Metodi”. Mentre i dati presentati dal direttore Sacy facevano parte di un rapporto PDF estraneo al sito.

Secondo l’analisi di Petticrew le organizzazioni finanziate dal settore, tra cui E´duc’alcool, disinformano selettivamente il pubblico sulla relazione tra il consumo di alcool e l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Il che è coerente con la funzione e gli effetti degli sforzi di responsabilità sociale delle imprese dell’industria dell’alcol più in generale(4). I ricercatori sottolineano inoltre che le fonti del settore dell’industria dell’alcool fanno raramente riferimento alle linee guida del governo sul consumo di alcolici nel contesto del consumo responsabile, sottolineando invece la responsabilità individuale e la gestione del rischio

I professionisti della salute pubblica dovrebbero essere consapevoli di queste distinzioni e usare un linguaggio chiaro riguardo al consumo di alcol a basso rischio(5). Risposte come quelle di E´duc’alcool, caratterizzate da affermazioni poco accurate che ignorano il valore sostanziale del contesto e dell’impatto sui lettori, possono diventare una fonte informativa confusa, e compromettere la fiducia del lettore stesso sulla veridicità delle ricerche scientifiche. Tutto questo è in linea con le crescenti prove di disinformazione sull’alcol e con quella che è stata definita la sua “ambiguità strategica”, ambiguità che troviamo riflessa spesso nell’espressione del “bere responsabile”. Un termine affiliato al settore che lascia spazio a molteplici interpretazioni, senza definire il corretto livello di consumo di alcol. Una cura contro l’infodemia sarà quindi la chiave di volta per l’attuale circolazione di informazioni che rendono ostica la conoscenza essenziale.

  1. https://bit.ly/3tBwYdN
  2. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34480167/
  3. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35104866/
  4. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35104867/
  5. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28398571/

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