SKINCARE E BATTERI

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Se vi dicessero che nei vostri prodotti skincare sono stati inseriti dei batteri?

Di Marica Tiritera, CdS Comunicazione scientifica biomedica, Sapienza Università di Roma

La parola skincare è oggi più che mai al centro di ciò che viene considerato come un “prendersi cura di sé stessi”. Tanti sono i prodotti commercializzati per avere una pelle sana, dall’aspetto radioso e privo di imperfezioni. Tante sono le formulazioni e gli ingredienti decantati come innovativi e in grado di rallentare i segni dell’avanzamento dell’età oppure eliminare completamente tutti quei segni tanto fastidiosi come l’acne. I consumatori generalmente tendono a dividersi in due categorie: le vittime del marketing, convinti che bastino pochi giorni per una pelle dall’aspetto visibilmente sano, e i consumatori consapevoli che non esiste un prodotto miracoloso, ma con il tempo e i giusti accorgimenti, nel rispetto della fisiologia della pelle, se ne possa migliorare l’aspetto.

Il pensiero comune è quello di dover mantenere la pelle “pulita” dai batteri, dando la colpa a quest’ultimi se la nostra pelle presenta imperfezioni, come l’acne. E se invece fossero proprio i batteri a essere i nostri alleati nella costante lotta per una pelle perfetta?

Quando si parla di microbiota questo viene spesso associato alla salute dell’intestino, dimenticando che i microrganismi benefici per il nostro organismo non sono solamente quelli della microflora intestinale, ma anche quelli della nostra pelle. La pelle è colonizzata da milioni di microrganismi differenti che costituiscono quello che viene chiamato microbioma cutaneo. Un progetto cardine che ha avuto come obiettivo proprio quello di comprendere e caratterizzare al meglio la relazione tra microrganismi e stato di salute/malattia della pelle è l’ Human Microbiome Project.[i] Il microbioma cutaneo stimola lo sviluppo del sistema immunitario e ha la funzione di barriera contro agenti esterni: ne deriva che una sua eventuale alterazione può portare a diversi stati infiammatori.[ii]

I microrganismi presenti sulla superficie cutanea accompagnano l’uomo dall’infanzia fino alla tarda età ma nei vari stadi della vita il microbioma subisce cambiamenti dovuti, oltre che a fattori ambientali esterni, anche ai vari prodotti per la cura personale che vengono utilizzati e a condizioni di stress a cui l’individuo può essere sottoposto.[iii] Una scoperta molto interessante è stata quella della connessione cervello-pelle che ha aperto nuovi orizzonti nel campo della neurocosmetica.[iv]

Viste le attuali conoscenze sul microbioma cutaneo e la sempre più attenta ricerca dei consumatori nei prodotti per la cura della propria pelle, sempre più aziende hanno deciso di puntare su nuovi prodotti skincare contenenti probiotici e prebiotici. L’uso di prebiotici per la pelle è la nuova frontiera per arrivare ad avere un microbioma equilibrato, poiché le formulazioni prebiotiche topiche contengono ingredienti che stimolano la crescita o l’attività dei batteri “buoni” e riducono la presenza dei microrganismi patogeni della pelle. Inoltre, le attuali formulazioni prebiotiche decantano le proprietà di poter essere utilizzate per migliorare diversi tipi di disbiosi che coinvolgono vari tipi di batteri, come P. acnes e l’acne, S. aureus e la dermatite atopica o ancora la psoriasi e la rosacea. Diversi sono poi gli studi presenti in letteratura scientifica circa l’utilizzo di probiotici – ovvero microrganismi vivi – come strategia in cosmesi e dermatologia per la cura della pelle.[v]

Grazie al continuo progresso scientifico e tecnologico, si sta puntando alla terapia personalizzata in base alle esigenze e caratteristiche di ciascun individuo. Se da una parte l’utilizzo di probiotici topici in modelli animali e anche sull’uomo hanno mostrato potenziali benefici in varie condizioni cutanee, ci sono ancora molti quesiti a cui rispondere e che necessitano di ulteriori ricerche. Come i singoli pazienti con differenti microbiomi cutanei rispondano alle varie terapie probiotiche e prebiotiche è un aspetto che necessita di ulteriori osservazioni; nel dettaglio, resta da chiarire la dose ottimale e i ceppi da utilizzare per le varie condizioni della pelle.[vi] Tanti sono i fattori che possono influenzare la salute della pelle. Con il tempo e i giusti accorgimenti, nel rispetto della fisiologia della pelle, se ne può migliorare l’aspetto, ma non esiste ancora il prodotto miracoloso in grado di restituire in pochi giorni una pelle dall’aspetto visibilmente sano!


[i] Turnbaugh PJ, Ley RE, Hamady M, Fraser-Liggett CM, Knight R, Gordon JI. The human microbiome project. Nature. 2007 Oct 18;449(7164):804-10

[ii] Byrd AL, Belkaid Y, Segre JA. The human skin microbiome. Nat Rev Microbiol. 2018 Mar;16(3):143-155

[iii] Yan Liu, Shanghai Pechoin Daily Chemical Co., Ltd. The Human Skin Microbiome.A New Way To Beauty. IFSCC Conference, 2019

[iv] Rizzi, V.; Gubitosa, J.; Fini, P.; Cosma, P. Neurocosmetics in Skincare.The Fascinating World of Skin–Brain Connection: A Review to Explore Ingredients, Commercial Products for Skin Aging, and Cosmetic Regulation. Cosmetics 20218, 66

[v] Krutmann J. Pre- and probiotics for human skin. J Dermatol Sci. 2009 Apr;54(1):1-5

[vi] Knackstedt R, Knackstedt T, Gatherwright J. The role of topical probiotics in skin conditions: A systematic review of animal and human studies and implications for future therapies. Exp Dermatol. 2020 Jan;29(1):15-21

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