Cala il numero degli aborti in Italia, merito anche della pillola dei 5 giorni dopo

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Cala ancora il numero degli aborti in Italia e i dati del 2015 sarebbero condizionati, soprattutto nell’ultima parte dell’anno dal boom delle vendite di pillola dei 5 giorni dopo.

Il ministero alla Sanità, un po’ in ritardo rispetto agli altri anni, ha trasmesso la relazione sull’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) al Parlamento. L’anno scorso si è scesi per la prima volta nella storia sotto i 90.000 aborti per la precisione ne sono stati praticati 87.639 cioè il 9,3% meno del 2014, anno nel quale si era registrato un calo del 6% rispetto al precedente. Le Ivg sono più che dimezzate rispetto alle 230.000 del 1983. Riguardo al tasso di abortività e cioè al numero di interruzioni per ogni 1000 donne tra i 15 e i 49 anni, considerato il dato più importante per valutare l’andamento in questo campo, si vede allo stesso modo un calo importante: nel 2015 è stato del 6,6 cioè Dell’8% più basso rispetto al 2014.

Certamente il dato degli aborti segue quello delle nascite, fortemente in calo in Italia anche quest’anno ma è un fatto riconosciuto dallo stesso ministero alla sanità che il nuovo farmaco Ulipristal acetato, la cosiddetta pillola dei cinque giorni, ha inciso molto sui numeri del 2015. La svolta è arrivata con la decisione dell’Alfa il 21 aprile dell’anno scorso di eliminare per le maggiorenni l’obbligo di prescrizione per questo medicinale e in effetti i dati degli aborti calano particolarmente nell’ultima parte dell’anno. Per avere un’idea del fenomeno basta osservare i dati di vendita, nel 2014 sono state acquistate, 16.796 nel 2014, l’anno scorso ben 83.346.

Del resto, il fatto che la riduzione degli aborti sia in parte sganciata da quella dei parti lo dimostra anche il cosiddetti “rapporto di abortività”, cioè il numero di Ivg ogni mille nati vivi. L’anno scorso è stato di 185,1 cioè il 5,7% in meno dell’anno precedente.

Sempre riguardo ai medicinali, ma questa volta prendendo in considerazione la pillola abortiva Ru486 e non l’anticoncezionale, si vede una crescita degli aborti farmacologici che ormai hanno raggiunto il 15% del totale con punte del 40% in Liguria e del 32% in Piemonte. Anche questo era un metodo stigmatizzato da una parte del mondo politico e anche medico che però ha dimostrato di non essere, come spesso veniva accusato, un sistema che avrebbe incrementato gli aborti. E infatti le interruzioni di gravidanza diminuiscono ma l’uso della Ru486 cresce: +17%.

Rimane elevato – spiegano da ministero – il ricorso all’Ivg da parte delle donne straniere, a carico delle quali si registra il 31.1% del totale del 2015 (era però il 33% nel 2014)”.

Riguardo all’obiezione di coscienza, le cose non sono cambiate molto, nel senso che resta altissimo il numero dei ginecologi che la sceglie. Nel 2014, ultimo anno a cui si riferisce la relazione, erano il 70,7% del totale, contro il 70 dell’anno precedente. Il numero del ginecologi non obbiettori, che praticano l’aborto è nel frattempo sceso da 1.490 a 1.408. Dal ministero fanno però notare che essendo sceso il numero delle Ivg, il lavoro per ogni ginecologo è rimasto lo stesso. La regione Home più obiettori e il Molise (89,7%), seguito dalla Sicilia (89,1%) e dalla Basilicata (88,1%). La migliore è l’Emilia con il 53%.

“Riguardo l’esercizio dell’obiezione di coscienza e l’accesso ai servizi IVg – dicono sempre dal ministero – si conferma quanto osservato nelle precedenti relazioni al Parlamento: su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale, non emergono criticità nei servizi di IVg. In particolare, emerge che vengono effettuate nel 59.6% delle strutture disponibili, con una copertura adeguata, tranne che in Campania, Molise e P.A. Bolzano. Il numero dei punti Ivg e? pari al 74% rispetto al numero di punti nascita, mentre il numero di IVG e? pari a circa il 20% del numero di nascite. Infine, valutando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0.4 della Valle d’Aosta e il massimo di 4.7 del Molise”.

Fonte: Repubblica.it

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