LA FRAGILITÀ: ATTIVITÀ FISICA, ASSUNZIONE DI PROTEINE E LA RETE SOCIALE SONO RISULTATI FATTORI PROTETTIVI

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di Alice Bortolami, Laureata in Infermieristica, iscritta al CdS in Comunicazione scientifica Biomedica, Sapienza, Roma

A partire dall’inizio del XX° secolo abbiamo assistito in Italia e in genere, con velocità diverse, in tutto il mondo ad un progressivo invecchiamento della popolazione. La speranza di vita alla nascita, nel nostro Paese, è quasi raddoppiata passando dai 43 anni, all’inizio del novecento, fino agli attuali 82 anni. È opinione condivisa che l’invecchiamento costituisca il principale fattore di rischio per numerose malattie croniche spesso associate,  e che agire tempestivamente sugli elementi chiave del processo di invecchiamento possa rappresentare la migliore strategia preventiva per un buono stato di salute e benessere socio economico della popolazione.

Secondo i dati Istat di gennaio 2019 la popolazione italiana over 65 è stata stimata essere oltre i 13 milioni dei quali oltre 700.000  mostrano uno stato di dipendenza. A precedere questa perdita di autonomia nell’anziano è il cosiddetto “stato di fragilità”.

Lo “stato di fragilità”è considerato uno dei problemi di salute più debilitanti dell’età avanzata e uno dei principali problemi di salute pubblica.

Ma esattamente cosa si intende con questo termine? La fragilità è una condizione geriatrica caratterizzata da stanchezza, perdita di appetito, difficoltà funzionali , debolezza e scarsa attività fisica associata a numerosi effetti negativi sulla salute (aumento del rischio di cadute, ospedalizzazione). Poiché l’inattività fisica, il basso apporto di proteine e la scarsa rete sociale sono fattori di rischio noti, a ottobre 2019 è stato pubblicato al riguardo sull’European Journal Of Public Health uno studio [1] a livello europeo. Sono stati utilizzati i dati relativi alle condizioni di salute, l’invecchiamento e il pensionamento in Europa. L’obiettivo è stato quello di valutare gli interventi più efficaci per ridurre lo stato di fragilità. La fragilità  è stata valutata con il “Frailty Instrument for Primary care of the Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe”,  considerando l’ attività fisica, l’assunzione di proteine e il proprio livello di soddisfazione per la propria rete sociale. Poiché anche fattori come età, istruzione, fattori clinici e stili di vita (fumo, consumo di bevande alcoliche, depressione e malattie a lungo termine) hanno un impatto sullo sviluppo della fragilità, questi  sono stati presi in considerazione come fattori confondenti. Nello studio sono state incluse 22.226 persone con età >/= di 56 anni provenienti da 11 diversi paesi che sono stati seguite con un follow-up di 11 anni ( 2174 persone sono decedute durante il periodo di follow-up).

Questo studio ha dimostrato che un’adeguata attività fisica, il consumo di una dieta ricca di proteine e di una solida rete sociale sono fattori protettivi per la fragilità. Tra questi il fattore con maggiore influenza è sembrato essere lo svolgimento di un’adeguata attività fisica (anche se il dato risultante potrebbe essere sovrastimato in quanto il confermare di fare attività fisica è stato riportato dai partecipanti senza avere un riscontro certo della veridicità).

Inoltre  è emerso che la combinazione di due o più dei fattori di rischio analizzati è stata associata ad un rischio maggiore per la fragilità rispetto alla presenza di uno solo.

Importante è sottolineare che la fragilità non si deve confondere con disabilità o multi morbilità, ma anzi è una condizione che rende fattori o traumi, anche apparentemente trascurabili, eventi-causa di gravi effetti avversi sulle condizioni generali e sullo stato funzionale della persona. Si può quindi affermare che la fragilità, seppur caratteristica intrinseca dell’avanzare negli anni, è una condizione facilmente monitorabile e prevenibile tramite la messa in atto di interventi specifici come: la promozione del movimento, la revisione di un corretto regime alimentare e la stimolazione delle interazioni sociali, al fine di evitarne l’evoluzione nel tempo verso la disabilità e dipendenza .

L’attenzione che anche a livello politico, soprattutto da parte della Comunità europea, si sta dedicando a questa condizione è dovuta, come già detto,  al fatto che in genere lo stato di fragilità precede la perdita dell’autonomia ed è, se precocemente intercettata, una condizione reversibile. Pertanto l’individuazione precoce di uno stato di fragilità e la messa in atto di interventi in grado di ostacolarne l’ evoluzione verso uno stato di perdita dell’autonomia è considerato un obiettivo strategico per il miglioramento della qualità della vita in una popolazione che continua ad invecchiare e per il contenimento della spesa in campo socio-sanitario dedicato alle condizioni di cronicità e dipendenza funzionale.


[1] S. Haider, I. Grabovac, D. Drgac, C. Mogg, M. Oberndorfer, T. E. Dorner, Impact of physical activity, protein intake and social network and their combination on the development of frailty, European Journal of Public Health, Volume 30, Issue 2, April 2020, Pages 340–346

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