E-learning, giovani e pandemia: come l’emergenza sanitaria sta cambiando la vita e la salute degli studenti

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di Benedetta Signa, iscritta al CdS in Comunicazione scientifica biomedica, Sapienza Università di Roma

Quanto ha influito la pandemia sulla relazione tra le giovani generazioni e lo schermo?

Uno studio del 2019[1] svolto da Taren Sanders, scienziato sanitario dell’Australian Catholic University, aveva analizzato la qualità e la quantità di tempo che i giovani trascorrono allo schermo. Il suo gruppo aveva indagato se il tipo di tempo dedicato allo schermo costituisse una differenza in termini di salute mentale e fisica o di risultati scolastici. I ricercatori avevano suddiviso il tempo allo schermo in cinque tipi: passivo (come guardare un film), interattivo (come giocare a un videogioco), sociale (come inviare SMS o FaceTiming), educativo (come una classe virtuale) e infine destinato ad altre attività. Il tempo dedicato allo schermo educativo era legato al fatto di integrare in minima parte il lavoro scolastico e non aveva effetti negativi sulla salute. Rispetto alle altre categorie è stato riscontrato, invece, che il tempo passivo era correlato a risultati peggiori in termini di salute e di rendimento scolastico, seppur in misura trascurabile. I problemi si erano manifestati soprattutto nei casi in cui il campione passava più di otto ore al giorno sugli schermi.

Ad un anno di distanza dallo studio, la pandemia ha alterato questi dati, traducendosi oggi per molti studenti in un New Normal in cui l’apprendimento a distanza è diventato l’unica alternativa. Le lezioni si svolgono su piattaforme di incontro virtuale, come Zoom o Google Classroom, ma questo inevitabilmente porta a molto altro tempo trascorso allo schermo. Inoltre, i giovani sono anche bloccati a casa durante il tempo libero. YouTube, Netflix, TV e videogiochi sono spesso le poche alternative per trascorrere il tempo in lockdown rimanendo in qualche modo socialmente connessi e questo aggiunge altre ore trascorse al pc, al tablet o al telefono.

Le diverse ricerche condotte in questi mesi hanno dimostrato anche che i ragazzi che passano molto tempo agli schermi hanno più probabilità di avere problemi agli occhi, problemi di peso e problemi di lettura e di linguaggio. La sedentarietà imposta dalla situazione porta a cambiamenti nel metabolismo del corpo che rendono più probabile l’obesità, il diabete, le malattie cardiache e altri problemi di salute, in breve: la sindrome metabolica[2].

Eppure, al momento, gli schermi sono l’unico modo per molti giovani di imparare o socializzare. Quindi una domanda importante da porsi non è quanto tempo si passa davanti ad uno schermo, essendo questo tempo inevitabile in una situazione inedita come quella presente, ma quanto e come si possa continuare a rimanere attivi? Riuscire a fare attività fisica almeno una volta al giorno sarebbe auspicabile per ognuno, ma in special modo per i giovani, che vivono questa sedentarietà nella loro età più delicata a causa dell’emergenza sanitaria. Per esempio: muoversi regolarmente durante il giorno – anche solo per bere un bicchiere d’acqua o giocare con un animale domestico – alzarsi almeno una volta ogni ora, uscire all’aperto se possibile, anche per evitare miopia e altre conseguenze sulla vista[3].

Allo stesso tempo, anche la qualità del tempo trascorso davanti ad uno schermo può fare la differenza: un’adolescente che fa una videochiamata con i nonni o i compiti online per un’ora sta vivendo un’esperienza molto diversa rispetto a un altro che si siede da solo a guardare un film o giocare ai videogiochi per quell’ora.

La ricerca di Sanders aveva avuto luogo prima della pandemia e dell’aumento della formazione a distanza. Ma, secondo quanto Sanders stesso afferma, l’orario didattico, e quello sociale e interattivo sullo schermo è probabilmente molto migliore per gli studenti rispetto alla visione di video, spettacoli o film. A questo proposito, l’American Academy of Pediatrics[4], nelle linee guida emanate nel 2015, non raccomanda un limite di tempo allo schermo, bensì appunto l’assicurarsi da parte dei genitori che il tempo di proiezione non sostituisca il sonno o il tempo attivo, non si sovrapponga al tempo dei pasti, e che sia, appunto, un tempo di qualità. E questo vale anche in tempi di Covid-19!


[1] T. Sanders et al. “Type of screen time moderates effects on outcomes in 4013 children: evidence from the Longitudinal Study of Australian Children.” International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity. Vol. 16, November 29, 2019. doi: 10.1186/s12966-019-0881-7.

[2] M.D. Guerrero, et al. “Canadian children’s and youth’s adherence to the 24-h movement guidelines during the COVID-19 pandemic: A decision tree analysis.” Journal of Sport and Health Science. Vol. 9, July 2020. doi: 10.1016/j.jshs.2020.06.005.

[3] Canadian Society for Exercise Physiology. Canadian 24-Hour Movement Guidelines for Children and Youth: An integration of physical activity, sedentary behaviour, and sleep

[4] American Academy of Pediatrics. Growing up digital: Media research symposium. Proceedings of a 2015 symposium.

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