Gli anticorpi monoclonali nel trattamento di COVID-19

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di Giulia Gallo, studentessa del Corso di laurea magistrale in Comunicazione scientifica biomedica, Sapienza Università di Roma

Lo scorso venerdì 16 aprile l’Agenzia Italiana del Farmaco ha pubblicato il secondo report di monitoraggio sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali nel trattamento della malattia causata da SARS-CoV-2. [1]

Ormai è chiaro come la campagna vaccinale sia cruciale e imprescindibile per ridurre l’incidenza delle infezioni, ma è importante anche trovare delle terapie farmacologiche che permettano di trattare l’infezione avvenuta, per ridurre la mortalità e il numero di ospedalizzazioni – e il relativo tempo di degenza – dovute allo sviluppo di una malattia grave.

Tra i vari farmaci impiegati contro il coronavirus – come, ad esempio, antivirali, immunomodulanti, anticoagulanti – nell’ultimo anno abbiamo sentito spesso parlare di anticorpi monoclonali e del loro possibile impiego nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2.

Ma cosa sono gli anticorpi monoclonali? I MAb (Monoclonal AntiBody) appartengono ai biofarmaci, ovvero proteine o acidi nucleici prodotti utilizzando le tecniche della biologia molecolare. Ma facciamo un passo indietro per capire meglio il loro funzionamento.

Gli anticorpi (conosciuti anche come immunoglobuline) sono normalmente prodotti dal nostro organismo dai linfociti B del sistema immunitario, in risposta a varie infezioni. Gli anticorpi sono in grado di riconoscere e legarsi a specifici antigeni, molecole che sono espresse dai patogeni che hanno causato l’infezione: così, gli anticorpi attivano il sistema immunitario per eradicare l’infezione.   

Nello specifico, gli anticorpi monoclonali sono prodotti in laboratorio con la tecnica del DNA ricombinante, a partire da un’unica cellula B che viene “immortalizzata”, ovvero resa capace di produrre quantità infinite di anticorpi; successivamente, questa cellula B si divide per dare origine a dei cloni, cioè delle cellule che abbiano la stessa capacità di produrre lo stesso anticorpo. Da qui, il nome di anticorpo monoclonale, un anticorpo che è in grado di riconoscere un unico e specifico antigene per neutralizzarlo. [2]

Attualmente, gli anticorpi monoclonali sono utilizzati nel trattamento di molteplici patologie quali tumori, infezioni o malattie infiammatorie.

Il 5 febbraio 2021 l’AIFA ha reso noto il parere favorevole del Comitato Tecnico Scientifico all’impiego degli anticorpi monoclonali per i pazienti con infezione da SARS-CoV-2. Il CTS ha affermato che “pur considerando l’immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all’entità del beneficio offerto da tali farmaci”,gli anticorpi monoclonali possono essere impiegati nel trattamento di quei pazienti che sviluppano un gravo da lieve a moderato della malattia, ma che presentano dei fattori di rischio che si potrebbero tradurre in un pericolo maggiore di ospedalizzazione o di morte. [3] Pertanto, gli anticorpi monoclonali in questi individui vanno somministrati negli stadi iniziali della malattia.

In Italia gli anticorpi monoclonali che hanno ottenuto l’autorizzazione temporanea sono bamlanivimab e etesevimab dell’azienda farmaceutica Eli Lilly, e casirivimab e imdevimab di Regeneron/Roche.

Il meccanismo d’azione di questi anticorpi monoclonali è diretto contro la proteina Spike espressa sulla superficie di SARS-CoV-2, quella che fa sembrare il virus una corona (da qui, il nome coronavirus). Questa proteina virale legandosi ai recettori ACE2 – maggiormente espressi nelle cellule epiteliali delle vie aree – è responsabile dell’entrata del virus nell’organismo e della conseguente infezione. Dal momento che questi anticorpi si legano a diverse parti della proteina Spike, è stato approvato anche il loro utilizzo in associazione (casirivimab con imdevimab e bamlanivimab con etesevimab), per ottenere un effetto terapeutico maggiore rispetto alla monoterapia con un unico farmaco. [4]

Se è imprescindibile l’accelerazione della campagna vaccinale al fine di contrastare l’incidenza delle infezioni causate da SARS-CoV-2, è altresì fondamentale che la ricerca scientifica scovi nuove terapie da impiegare nel trattamento della malattia COVID-19.

Sebbene la potenzialità dell’uso degli anticorpi monoclonali sembri molto alta, vanno anche menzionati alcuni limiti di questa terapia. In primis, la ricerca e la produzione necessarie per lo sviluppo di questi farmaci è molto lunga e costosa. Inoltre, non vanno sottovalutati anche i possibili effetti avversi che possono insorgere dopo la loro somministrazione, e che possono essere diversi da individuo a individuo come, ad esempio, una reazione immunitaria causata proprio dall’attivazione del sistema immunitario contro questi farmaci. [5]

La strada che porta alla sconfitta della pandemia, o perlomeno ad una sua “addomesticazione”, è lunga e tortuosa, ma la ricerca scientifica tenta ogni giorno di migliorare questo cammino in un’ottica corale: le misure igieniche (distanziamento sociale, uso della mascherina, lavaggio delle mani), i vaccini e le terapie farmacologiche ci aiuteranno, insieme, ad uscire dall’emergenza sanitaria.

[1] https://www.aifa.gov.it/uso-degli-anticorpi-monoclonali

[2] Abbas A. K., Lichtman A. H., Pillai S., 2018, Immunologia Cellulare e Molecolare, Edra  

[3] https://www.aifa.gov.it/-/aifa-pubblica-parere-cts-su-anticorpi-monoclonali

[4] Gottlieb RL, Nirula A, Chen P, et al. Effect of Bamlanivimab as Monotherapy or in Combination With Etesevimab on Viral Load in Patients With Mild to Moderate COVID-19:A Randomized Clinical Trial. JAMA.2021;  325(7):632–644. doi:10.1001/jama.2021.0202

[5] Lloyd EC, Gandhi TN, Petty LA. Monoclonal Antibodies for COVID-19JAMA. 2021; 325(10):1015. doi:10.1001/jama.2021.1225

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