Le neuroscienze contribuiscono a creare stereotipi di genere?

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di Marica Tiritera, CdS in Comunicazione scientifica biomedica, Sapienza Università di Roma

Siamo tutti a conoscenza delle differenze che ci sono tra uomo e donna a livello biologico e anatomico: assetto ormonale diverso, differenti organi sessuali,  e diversa massa muscolare, che rende gli uomini più forti nella maggior parte dei casi (anche se non sempre). Ed è proprio questo ultimo aspetto che ha fatto sì che migliaia di anni fa la cultura imponesse che a governare fossero gli uomini, perché era la forza fisica ad essere la qualità più importante per sopravvivere: la ben nota lotta alla sopravvivenza che abbiamo imparato da Darwin.

Oggi, fortunatamente, viviamo in un mondo in cui le qualità riconosciute utili per governare sono l’intelletto, la creatività, la perspicacia,  insomma, tutto ciò che riguarda il nostro cervello e non i nostri muscoli. Ma secondo lo stesso Darwin, se gli uomini, grazie alla loro forza, sono avvantaggiati nella sopravvivenza, ciò che li rende superiori alle donne è anche l’intelligenza. Nel suo saggio L’origine dell’uomo e la selezione sessuale Darwin afferma che a causa del loro continuo lavoro e competizione con gli altri, gli uomini hanno affinato delle menti più acute, mentre le donne sono rimaste meno evolute. A supporto mostra come esempio il mondo animale, in cui pavoni e leoni maschi hanno sviluppato piumaggio e criniere splendide per potersi elevare rispetto agli altri e attirare le specie del sesso opposto, mentre le femmine sono rimaste piuttosto anonime poiché relegate prioritariamente al compito della riproduzione, senza necessità di lottare e competere duramente come i maschi[i].

Darwin è senza dubbio un grande scienziato della sua epoca, e capiamo bene che le sue teorie sono frutto anche di quella che era la cultura del suo tempo. Ma la nostra cultura ha davvero fatto passi avanti rispetto alle teorie di Darwin? Perché secondo alcuni studi le neuroscienze stanno involontariamente contribuendo a tramandare una cultura sessista?

Il termine “neurosessismo, coniato da Cordelia Fine, è stato utilizzato per descrivere il fenomeno dell’uso delle pratiche neuroscientifiche per promuovere conclusioni sessiste, pretendendo di dimostrare l’esistenza di differenze tra il cervello maschile e quello femminile. In contrapposizione a ciò è nato il “neurofemminismo”[ii] che ha lo scopo di scardinare queste idee mostrando come alla base di questi studi ci siano una serie di bias metodologici, una debole analisi statistica, distorsioni nella presentazione dei dati. La stessa caccia alla distinzione tra cervello maschile e femminile rappresenterebbe una forma di bad science[iii].

Grazie alle tecniche di neuroimaging, si è potuto analizzare le differenze in maniera esaustiva. Nonostante le chiare differenze comportamentali tra uomini e donne, vari studi hanno dimostrato che le differenze riguardanti il cervello maschile e femminile non esistono, o quantomeno sono minime e legate per lo più a fattori genetici, epigenetici e fattori esperienziali. Date le abbondanti prove che l’esperienza di un individuo può alterarne la struttura e la funzione neuronale, e grazie alle conoscenze in tema di influenze epigenetiche sullo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale, è impossibile discernere il grado con cui le differenze tra maschio e femmina siano attribuibili a fattori sessuali innati piuttosto che all’apprendimento di genere socio-ambientale.

Non c’è dubbio che il sesso abbia un peso nelle variazioni individuale, nell’ambito della ricerca neuro-comportamentale. Molti disturbi psichiatrici e neurologici mostrano una prevalenza ineguale tra maschi e femmine,  portando molti a supporre che siano causati da differenze preesistenti nel cervello. Ma a differenza della psicologia, dove le analisi sulle differenze tra sesso/genere sono molto più complete, le differenze tra il cervello maschile e femminile sono state raramente sintetizzate in maniera sistematica. Nel campo delle neuroscienze sono presenti poche meta-analisi che abbiano esaminato le differenze presenti nel cervello, tuttavia le conclusioni sono risultate sempre simili: le somiglianze tra il cervello maschile e quello femminile sono maggiori rispetto alle differenze che si cercano di trovare[iv].

Se le affermazioni di Darwin le continuiamo a studiare e le tolleriamo, è tuttavia necessario che vengano progressivamente scardinate convinzioni come quelle che il cervello dell’uomo, essendo più grande, sarebbe correlabile a una maggiore intelligenza. Le dimensioni del cervello aumentano con le dimensioni del corpo, ma ciò non ha nessuna relazione con differenze negli hobby praticati, nelle materie in cui si è più portati o nel tipo di caratteristiche comportamentali. Questo continuo tentare di trovare delle differenze tra il cervello maschile e femminile che possano spiegare la ridicola convinzione che il cervello delle donne sia settato sull’empatia mentre quello maschile sulla razionalità, o,  ancora peggio, che gli uomini abbiano un’attitudine maggiore per le discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), non fa onore all’enorme conoscenza in materia che abbiamo oggi a disposizione grazie alla scienza. È necessario non rimanere ciechi difronte alle evidenze scientifiche e cercare di mettere in discussione tutto ciò che la cultura in migliaia di anni ha invece costruito, alimentando  stereotipi. Sono le persone che fanno la cultura e non il contrario. È nostro dovere renderci conto che esiste ancora la questione della disparità di genere e dovremmo tutti impegnarci a fare di meglio per risolverla, anche grazie alla scienza.


[i] Angela Saini, Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne e la nuova ricerca che sta riscrivendo la storia, Harper Collins, 2019

[ii] Hoffman G. Neurosexism and Neurofeminism (2016) https://doi.org/10.1111/phc3.12357

[iii] Eliot L., Nature 566, 453-454 (2019) doi: https://doi.org/10.1038/d41586-019-00677-x

[iv] Eliot L, Ahmed A, Khan H, Patel J. Dump the “dimorphism”: Comprehensive synthesis of human brain studies reveals few male-female differences beyond size. Neurosci Biobehav Rev. 2021 Jun;125:667-697. doi: 10.1016/j.neubiorev.2021.02.026. Epub 2021 Feb 20. PMID: 33621637.

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