Studenti europei alle prese con il consumo pericoloso di alcool

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 L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il consumo rischioso di bevande alcoliche, hazardous drinking, un livello di consumo o una modalità del bere che possono determinare un rischio nel caso di persistenza di tali abitudini. L’uso di alcol è un fenomeno ampiamente diffuso tra i giovani e assume differenti connotazioni psicologiche, sociologiche e culturali. Uno dei principali fattori di rischio per la salute dell’uomo ed attualmente la prima causa di morte per i maschi di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Le sue manifestazioni sono cambiate negli anni e oggi si affrontano nuovi scenari, tra cui il Binge Drinking cioè la tendenza a bere fino all’eccesso concentrata in singole occasioni. Indagare questi aspetti e comprenderne i meccanismi è la sola strada per attuare le necessarie strategie preventive che siano in grado di curare e di anticipare con le giuste azioni informative e sanitarie quella che spesso diviene una terapia tardiva.

I giovani sono i più vulnerabili agli effetti sia fisici che mentali dell’alcol e pertanto sono più esposti ai suoi rischi. Il debutto alcolico si è abbassato notevolmente, ragazzi tra gli 11 e i 15 anni sono orientati in numero sempre più crescente verso il modello di un abuso di alcol concentrato in singole occasioni. In particolare, gli episodi sono circoscritti al fine settimana: i ragazzi bevono in modo occasionale, alle feste, all’aperitivo o in discoteca, e raramente da soli. Indagare dove, quando, come gli adolescenti bevono ci permette di avere un quadro più chiaro sulla situazione contemporanea. I ragazzi bevono generalmente in compagnia, nei momenti di svago e di divertimento serali, non si tratta di un costume tradizionale come per le generazioni precedenti: non si beve durante i pasti in famiglia, ma si beve la sera con l’obiettivo di alterarsi, sballarsi. Questo comportamento ha effetti devastanti sulla salute in quanto l’organismo di un adolescente è ancora in completa evoluzione e l’alcol ha l’effetto di rallentare lo sviluppo mentale. Questo modello di uso di sostanze alcoliche è stato collegato a una maggiore possibilità di essere vittima di reati e superiori probabilità di ricorrere a cure mediche di emergenza. Revisioni sistematiche mostrano che questo modello di consumo è diffuso tra gli studenti universitari europei.

Lo studio che presentiamo utilizza come strumento di indagine Alcohol Use Disorders Identification Test (AUDIT) con il quale si illustra il consumo rischioso negli studenti universitari europei. I dati provengono dallo studio CALIBRATE, un’indagine che esamina i predittori del consumo di alcol tra studenti universitari di età compresa tra 18 e 25 anni. Utilizza i dati raccolti dalle università di sei paesi: Danimarca (Università di Copenaghen), Inghilterra (Aston University, University of Sussex), Germania (Freie Universita Berlin), Italia (Università di Torino), Portogallo (Università di Porto, Politecnico di Porto) e Svizzera (Università di Zurigo) con un campione complessivo di 2191 partecipanti ai quali veniva chiesto di specificare sesso, età anagrafica, gruppo etnico di appartenenza e l’ età media di esordio nel consumo di alcolici, più altre 10 voci approvate dall’ OMS come strumento di screening per la presenza di disturbi da uso di alcol. Il punteggio AUDIT è servito a classificare gli individui in una delle quattro categorie: basso rischio; consumo pericoloso ; consumo dannoso ; probabile dipendenza. L’interpretazione dei risultati mostra come modelli pericolosi di consumo di alcol siano più comuni in Paesi del Nord Europa rispetto al Centro e Paesi dell’Europa meridionale: il 50% di studenti danesi e il 44% di inglese sono classificati come “bevitori pericolosi” rispetto al 24% e al 23% di Svizzera e Germania e 20% e 17% di Italia e Portogallo. I risultati più preoccupanti arrivano dall’Inghilterra, dove il 9% dei partecipanti sono stati classificati come “probabilmente alcol-dipendenti” e un ulteriore 7% classificato come “bevitori dannosi”. Lo studio ha sicuramento molte limitazioni che risiedono nei metodi di campionamento, dove per alcuni Stati il campione era interamente appartenete ad un’ unica università non permettendo un confronto a livello internazionale, oppure che nel campione non è stata reclutata alcuna università dell’Europa dell’est, comunque nel complesso, ci sono prove coerenti che molti studenti universitari europei sono coinvolti in schemi pericolosi del consumo di alcol. Questi risultati sono coerenti con l’idea che i modelli di alcol in termini di consumo e danni correlati, segnalati tra gli studenti universitari riflettono norme culturali più ampie. Gran parte della ricerca sul bere pericoloso tra gli studenti universitari europei è stato condotta nei paesi come il Regno Unito in cui il livello di consumo di alcol è superiore rispetto ad altri paesi europei, dalle opinioni degli universitari inglesi emerge come l’ubriacarsi si un modo per aumentare la fiducia in se stessi ed altre ricerche hanno mostrato che gli studenti italiani che studiano all’estero hanno modificato il consumo di alcol per adattarlo alle norme sul consumo dominante. Complessivamente, nei paesi in cui il consumo di alcool è visto come meno accettabile, il consumo tra gli studenti universitari dovrebbero essere meno diffuso rispetto ai paesi dove il consumo pericoloso è considerato più accettabile.

Questo studio lascia aperto l’interrogativo su alcune domande di ricerca: è vero che il consumo pericolo di alcool è un modello diffuso tra gli studenti universitari europei? E questo modello è più diffuso negli studenti universitari dell’Europa settentrionale rispetto a quelli delle università dell’Europa centro-meridionale? Se la risposta a queste domande è affermativa sarebbe utile approfondire quali siano le cause alla base di queste scelte giovanili. Una società frenetica che ci vuole sempre più socievoli, sciolti e divertenti? Più coraggiosi ed audaci? Ma attenzione forse anche più storditi, agitati ed offuscati.

11. Cooke, R. et al. Patterns of alcohol consumption and alcohol-related harm among European university students. Eur. J. Public Health 29, 1125–1129 (2019).

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